29.Mar.2024 
Chi la inventò?
La festa della pasta
Programma
Gastronomia in Sicilia


La pasta - Chi ha inventato la pasta?


Chi fu l'inventore della pasta?
Per tentare di rispondere a questa domanda si sono scomodati storia, leggende, invenzioni: Marco Polo e maghi venuti dall’Oriente, belle fanciulle e perfino i Mongoli ... In realà l’origine della pasta si perde nei meandri del tempo, come uno spaghetto nella matassa aggrovigliata del piatto. Possiamo tuttavia accontentarci di una risposta generica: come il pane, la pasta fu con grande probabilià cibo spontaneo, legato all’uso e alla scoperta dei ce- reali, la cui coltivazione apparve quasi contemporarieamente fra tutti i popoli della terra; da tutti, i cereali furono scelti per essere la base dell’alimentazione; da tutti vennero cotti in acqua salata, l’acqua del mare da cui è sorta la vita. Frumento e orzo nel bacino del Mediterraneo, grano saraceno nell’Africa settentrionale, avena nel Nord europeo, mais nell’America centrale, segale nei paesi anglosassoni. Dapprirna utilizzati allo stato selvaggio, poi coltivati e cucinati secondo tappe successive, si arrivò alla farina, all’impasto e alla sfoglia ... quindi eccoci alla nostra beniamina. Che già - sembra - fu cibo degli etruschi, visto che in una tomba di Cerveteri sono raffigurati coltelli, mattarello e una rotella che pare proprio quella ancora in uso per i ravioli. E certo i romani parlano per primi di lagane, che forse non erano identiche alle nostre lasagne e ai maccheroni, ma si- curamente gli assomigliavano ed erano a base di farina.Tanto è vero che il più antico libro di ricette, quello del famoso Apicio, raccomandava di utilizzare le duttili lagane per racchiudervi timballi e pasticci. Lo stesso Orazio, che amava la vita semplice e rustica, preferiva mangiare una scodella di porri, ceci e lagane a casa sua piuttosto che frequentare le feste e i banchetti della corte di Augusto. Le prime testimonianze di produzione di pasta alimentare si riferiscono alla Sicilia dove, nel Xll secolo, è documentata l’esistenzea di un’industria di pasta secca, detta “itrija”, localizzata vicino a Palermo. II più antico documento storico relativo alla pasta e uno scritto del 1154, del geografo arabo Al Idrisi, al servizio di Rug- gero II. Nel suo trattato “I1 libro di chi si diletta a girare il mondo”, più noto come “I1 Libro di Ruggero”, si legge di un abitato con “parecchi mulini”, dal nome “Trabia” e dei commerci della pasta in paesi di “Musulmani e Cristiani, spedita con navi che ne trasportarono tonnellate ovunque nel Mediterraneo”. D’altronde “Tria” B anche il termine pugliese con cui si chiamano ancora oggi le lasagne secche in quella regione. Prima che Marco Polo si avventurasse verso le immense pianure del Katai già si usava la pasta alimentare sotto forma di spaghetto: Rishta era la parola araba che significa filo o spago, e quindi pasta a forma di filo (e spaghetto viene appun- to da spago). Manca ancora quasi un secolo alla nascita di Marco Polo e questo fatto basta da solo a risolvere il dubbio sulla provenienza cinese degli spaghetti. In una “Cronica” di Fra Salirnbene da Parma (1221 - 1282), parlando di un frate grosso e corpulento, Giovanni da Ravenna, annota:“Non vidi mai nessuno che come lui si abbuffasse tanto volentieri di lasagne con formaggio”. La pasta doveva già essere largamente diffusa, se Jacopone da Todi, scomodo castigatore di costumi (1230- 1306), trova il modo di nominarla in una delle sue invettive contro il papa, mentre Boccaccio, nel Decarnerone, raccontando le delizie del paese di Bengodi, dove chi più dorme più guadagna, descrive una montagna di formaggio parmigiano grat- tuggiato dalla quale rotolano maccheroni e ravioli cotti in brodo di cappone: mai elogio della pasta fu cosi convincente, cosi entusiasta ma è “pastasciutta”, cioe quel cibo parti- colare, cosi legato alla nostra terra, a base di maccaroni, di spaghetti, di tagliatelle? Per- ch& è ben vero che la pastasciutta è legata indissolubilmente al concetto di italiano: non vi è inventore di pasta alimentare, sia esso cinese, arabo o indiano che venga apostrofato con l’epiteto “macaroni” o “spaghetti”, come succede all’emigrato italiano in qualsiasi parte del mondo. La pasta è diventata il cibo più italiano che ci sia, quello che ovunque nel mondo viene istintivamente associato all’ltalia anche da chi non ha la più pallida idea di dove e come sia il nostro paese. La pasta resta l’unico cibo capace, insieme alla pizza, di trovare d’accordo Nord, Centro e Sud. E a questa sua caratteristica, a questo suo es- sere spesso quotidiana compagna della nostra esistenza, alla sua storia, alle sue rivaluta- te qualità e al piacere che essa ci dispensa, dedicata la “Grande festa: LA PASTA”.



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