La pasta - Gastronomia in Sicilia




La cucina è uno degli aspetti più stimolanti e interessanti delle tradizioni di un paese, poiché deriva strettamente dalla storia, dal clima e dalla religione del posto.
La Sicilia, per la sua posizione e il fascino dei suoi paesaggi, il suo clima, il sole e il mare azzurro è stata un paese di conquiste e di intensi traffici commerciali. Arabi, normanni, svevi, spagnoli, borboni vi hanno lasciato la loro impronta. Punto focale del mondo mediterraneo, ha sempre attirato turisti e personaggi di cultura: vi sostarono l’inquieto imperatore Adriano e l’imperatore filosofo Marco Aurelio, Carlo V, Ferdinando di Borbone, Nelson, Goethe.
La cucina tradizionale della Sicilia è costituita dai cosiddetti piatti “poveri”, cioè, essenzialmente, i piatti unici, quelli che si basano sulla pasta, sul pane o sul riso accompagnati da carne, pesce, verdure o legumi.
La pasta al forno è il piatto unico più “unico” della Sicilia. A seconda dei luoghi cambia versione, diventando pasta ‘ncaciata nel messinese o pasta con ibroccoli fritti nel trapanese.
La pasta chi sardi è forse il piatto più originale della Sicilia, quello in cui maggiormente si sentono le influenze arabe. Caratterizzato dal contrasto tra dolce e piccante, la sua paternità viene attribuita al cuoco del generale arabo Eufemio che, sbarcato in Sicilia alla conquista dell’isola, si trovoò a dover sfamare le sue truppe in condizioni precarie. Il cuoco mise quindi insieme ciò che la natura dei luoghi offriva: pesce, finocchietti, pinoli, passolina e zafferano.
La grande varietà di forme della pasta rispecchia la fantasia dei siciliani: ziti, cavatoni, curadduzzi, ruote di carretto, bucato, rigatone, cavati.
Anche il pane, impastato con farina bianca o gialla, assume le più svarite forme: fiori, animali, angeli.
Palermo è stata sede di governanti, emiri, re normanni, viceré borboni, spagnoli e francesi, da questo la necessità per i cuochi locali di usare tutta la loro fantasia per trasformare i cibi poveri in pietanze ricche e sfarzose. Il cuoco divenne quindi, con un nome ripreso dalla Francia, il Monsù, cioè il signore della cucina, colui che dava l’impronta di originalità ed eleganza a ogni piatto. Era lui il depositario di tutti i segreti sui tempi di cottura, sul doaggio degli ingredienti e sulla presentazione delle varie portate.
È dalla fantasia di questi cuochi che sono nate le “arancine”, la caponata o la frittella. E sempre la loro fantasia si è prestata a inventare nuovi sapori e decorazioni per i dolci siciliani, ormai noti e diffusi ovunque: la cassata (dall’arabo “gas at”, cioè tondo), i cannoli, le sfince di san Giuseppe o il gelo di mellone.
Nei paesi di provincia si trovano ancora dolci legati dalla tradizione contadina, come lo sfoglio o le cassatedde, o quelli nati tra le mura dei monasteri, come le “minni di vergini” (seni di vergine) ripiene di zuccata al gelsomino, o ancora quelli delle ricorrenze, come i dolci dei morti o i pupi di zucchero, statuine coloratissime che in origine si ispiravano ai Paladini di Francia, o i frutti di martorana, dolci di pasta reale a forma di frutti, o ancora le pecorelle di pasta reale.
I sorbetti e le granite sono i più rinomati nel mondo.
Per cogliere al meglio i gusti e i colori della cucina tradizionale siciliana, i posti migliori sono le botteghe dei mercati, dove l’odore forte e stuzzicante indica da solo la strada: le friggitorie (vi si vendono le panelle - schiacciatine di farina di ceci -, i cazzilli - crocchette di patate -, le quaglie - melanzane intere fritte -, le sarde a beccafico, lo sfincione - impasto di farina e lievito con caciocavallo, uva passa, pinoli - e la caponata) e le focaccerie (vi si gustano le guastedde, focacce con fette di milza e polmone che possono essere schiette o maritate (nubili o sposate) a seconda che siano condite con solo caciocavallo o anche con ricotta fresca).
Il vino di Sicilia, corposo e odoroso, è stato usato in passato come vino da taglio; solo da pochi anni viene apprezzato come vino da pasto.
Fra i D.O.C. di Sicilia il Marsala - vino liquoroso da dessert e dopo tavola -, la Malvasia - propria delle isole Eolie-, il Moscato di Pantelleria - può essere dolce o secco e raggiunge i 17 gradi -; il Bianco d’Alcamo, il vino dell’Etna, il Cerasuolo di Vittoria, tutti intorno agli 11-13 gradi.